EFFETTI VIDEOGIOCHI
3 Giugno 1999: il giudice Dario D’Onghia,
del tribunale di Roma, su invito di una nota associazione di genitori e di uno
psicologo, ordina il ritiro dai negozi di Resident Evil. Queste le accuse: “Il
videogioco in questione presenta delle controindicazioni per i bambini di età
inferiore agli 11 anni e per gli adolescenti dagli 11 ai 14 anni, in quanto i
contenuti violenti sono idonei ad influenzarne lo sviluppo psichico, nonché
istigare ad assumere atteggiamenti violenti ed aggressivi, anche di rilievo
penale.”
Sicuramente questo di Resident Evil è un caso emblematico, raffigurante come
vengono considerati i videogiochi dalla società odierna: dei prodotti
pericolosi, che inducono alla violenza, che causano disturbi psichici e,
addirittura, decessi! Da anni congreghe di genitori e vari gruppi di psicologi e
psichiatri si battono con fervore affinché i videogames vengano fatti sparire
dalla faccia della terra. Ma le accuse di questi “benpensanti” sono fondate? Le
nostre consoles o pc sono veramente così deleteri come molti affermano? Oppure
sono tutte falsità? In questo speciale Spaziogames tenterà di dare una risposta
ad una questione molto spinosa, ma non lo farà con pure congetture e teorie
varie, ma attraverso le ricerche e dichiarazioni di esperti, i quali hanno dato
molti pareri al riguardo.
I peccati capitali dei videogiochi
Di cosa sono responsabili precisamente i videogames? Facendo un quadro
complessivo di molti opinionisti, i prodotti odierni causano attacchi
epilettici e disturbi fisici, atti violenti e dipendenza.
Andiamo ad analizzare meglio questi “peccati” commessi dai giochi:
Epilessia e disturbi fisici: “Nintendo ha ucciso mio figlio!” Questa
l’affermazione di una donna della Lousiana, che ha denunciato la Nintendo di
essere responsabile della morte del figlio trentenne. Il ragazzo ha battuto la
testa su un tavolo dopo aver avuto un collasso, e tutto ciò è accaduto mentre
utilizzava il suo Nintendo 64. Egli utilizzava la console per circa 8 ore al
giorno, sei giorni su sette. Secondo gli esperti, l’uomo aveva sviluppato una
forma di epilessia causata dall’uso prolungato del prodotto sopraccitato ,
quindi il collasso è da attribuire ad una crisi epilettica.
Ci sono stati molti altri casi di epilessia o di disturbi fisici imputati ai
videogiochi: il 13 Aprile del 1993, un ragazzino di 11 anni di Pisa è stato
colto da crisi epilettica dopo aver utilizzato a lungo un gioco del Wrestling.
Nel 1998 due adolescenti, dopo aver giocato molto tempo alla Playstation e al
nintendo 64, hanno accusato dei seri malori. Altro caso è quello di una
fanciulla di Genova, che dopo mezz’ora di gioco alla Playstastion, è caduta in
trance.
Un altro effetto collaterale dovuto all’uso eccessivo di consoles è “la sindrome
da vibrazioni”. Il dott. Gavin Cleary, assistente medico del Great Ormond Street
Children’s Hospital, e il dott. J.Sills, consulente reumatologo del Hey
Children’s Hospital di Liverpool, hanno riportato sul British Medical Journal il
caso di un giovane che soffriva di indolenzimento e gonfiore alle mani, una
malattia che solitamente viene associata ad un uso prolungato di macchine
industriali. Si è invece venuto a sapere che l’adolescente era un appassionato
di giochi di guida, e possedeva un Rumble Pack, al quale si dedicava più di
sette ore al giorno. Non è stato possibile comunque confermare che ciò sia
dipeso dal videogioco, ammissione fatta dallo stesso dottore. Tuttavia molti
medici hanno notato l’aumento di sintomi causati da movimenti ripetitivi. Questo
avviene quando si usa per troppo tempo un tendine, in moda da permettere ad un
particolare liquido di formarsi attorno all’articolazione, causano così problemi
di movimento. Alcuni giocatori di consoles hanno accusato di aver problemi ai
pollici, mentre certi possessori di pc hanno affermato di avere delle noie con
il loro gomito, visto l’uso frequente del mouse. Sempre secondo l’opinione dei
dottori, stare seduti per ore nella stessa posizione può causare problemi motori
e trombosi venali di non poco conto.
Violenza: 29 Aprile 1999: Eric Harris e Dylan Keblod, dopo una partita a
bowling, si recano nella loro scuola, la Columbine High School, in Colorado,
armati di bombe, fucili e pistole, ed uccidono 13 persone tra insegnati e
studenti, e ne feriscono 22, per poi suicidarsi. Dopo varie ricerche sulle
motivazioni di tale strage, il Centro Simon Wiesenthal scopre che i giovani
erano appassionati di Doom, ed avevano creato una versione modificata dove si
sparava ad esseri umani disarmarti. Ovviamente dopo tale scoperta presero piede
le accuse al titolo della ID, e l’associazione dei genitori fece causa alla
software house.
Recente invece questo avvenimento, accaduto pochi giorni fa negli USA: 2
fanciulli si appostano nei dintorni di un’autostrada, e cominciano a sparare con
delle armi da fuoco ai passanti: un uomo di circa 40 anni viene ucciso, mentre
una ragazza di 19 ferita gravemente. Al momento dell’arresto, i due tipi hanno
confessato di essersi ispirati a Grand Theft Auto per compiere la malefatta. Per
questo i genitori della vittima denunciano la Take Two Intercative, produttore
della celebre saga. L’avvocato dei querelanti, Jack Thompson dichiara:
“L’industria videoludica deve sapere cosa sta facendo ai bambini ed alle loro
famiglie. Dovrebbero vietare la vendita di giochi destinati ad un pubblico
maturo ai minorenni. I loro prodotti sono mortali.”
Sappiamo bene che titoli come GTA, Quake, Resident Evil e Doom siano stati
spesso al centro di polemiche fatte adulti con prole, a causa dei loro contenuti
estremamente espliciti che sono ritenuti potenzialmente dannosi per le menti
infantili. Su questo argomento si è espressa la dott.ssa Ferraris: “La cosa
inquietante di questi giochi è la filosofia che li caratterizza: per vincere
bisogna essere violenti e nuocere agli altri. Non importa ragionare troppo.
Questo continuo incitamento alla violenza, che è l’unico scopo per vincere,
porta i ragazzi ad abituarsi ad una sorta di inquietante adattamento cognitivo.”
A rafforzare questa tesi c’è una ricerca fatta su alcuni campioni di soldati
americani che hanno combattuto in Vietnam e su quelli che hanno vissuto il
periodo della Seconda Guerra Mondiale. Secondo questo studio, il 95% dei primi
sparava senza pensare, poiché addestrati in stile videogioco, mentre l’85% dei
secondi rifletteva prima di freddare un individuo. A scapito di questa teoria
c’è il fatto che l’esercito americano viene addestrato con una versione
modificata di Doom. Altri psichiatri che hanno tentato di dimostrare se un
videogioco violento possa influenzare le menti dei ragazzi sono stati gli
statunitensi Craig A. Anderson e Karen E. Dill, i quali hanno compiuto il
seguente esperimento: un gruppo di circa 500 persone è stato diviso in 2 gruppi,
e sono stati assegnati rispettivamente i giochi Wolfenstein 3D e Myst, prodotti
di generi totalmente opposti. Una volta che hanno utilizzato i titoli per un
po’, ai ragazzi viene chiesto di punire un avversario con un rumore, con questi
risultati: coloro che avevano giocato a Wolfenstein 3d sceglievano rumori più
forti e fastidiosi rispetto all’altro gruppo. Secondo i docenti questo test
dimostrerebbe che ci sia un collegamento tra individui aggressivi e giochi
cruenti.
Dipendenza: 10 Luglio 2003: il ministro tailandese Surapong Suebwonglee
ha imposto il blocco degli accessi ai server utilizzati dai videogiochi online,
che dovrà essere effettuato dalle 10 di sera fino alle 6 del mattino su tutto il
territori nazionale. Ad indurre il ministro a tale provvedimento sono state le
feroci proteste di famiglie e politici, che si sono imbestialiti dopo alcuni
casi di dipendenza informatica avvenuti in Asia. Eccone alcuni: un ragazzo di
Honk Kong è stato trovato morto in un game center dopo una notte di gioco a
Diablo II, e circa 8 mesi prima un 17enne è deceduto in analoghe circostanze.
Nell’Ottobre 2002 un sudcoreano ha perso la vita dopo 86 ore di gioco
consecutive, privandosi quasi completamente del cibo e del sonno. Negli Usa
invece un giocatore di 21 anni, Shawn Woolley, si è suicidato poco dopo aver
terminato una partita ad Everquest Online. Il ragazzo passava 12 ore al giorno
di fronte al videogames, e soffriva di depressione, epilessia e schizofrenia. La
madre, nonostante le diagnosi siano state fatte da uno psicologo, ha deciso
ugualmente di denunciare la Sony Online Entertainment, ritenuta responsabile di
non avvertire sulle conseguenze che il multiplayer può portare.
Sulla dipendenza da videogames si è pronunciato un noto professore giapponese,
dichiarando quanto segue: “I videogiochi sono una vera e propria droga, e
possono causare una dipendenza molto forte. In seguito a ciò, l’individuo
assorto da questo tipo di tecnologia comincia ad isolarsi dagli altri,
impoverendo la sua vita sociale e rendendosi incapace di stringere nuove
amicizie.” Diretto il consiglio del dottore: “Buttate quelle macchine diaboliche
nella spazzatura, ed andate fuori a giocare con gli amici.”
Una riposta decisa
Fin qui abbiamo notato come i videogiochi siano stati demonizzati da moltissime
fazioni, e come l’opinione di noti esperti possa far perdere la speranza che il
mondo videoludico possa essere visto di buon occhio nella società.
Fortunatamente negli ultimi tempi qualcosa sta cambiando: alle accuse lanciate
hanno risposto persone che sono rimaste scettiche sulle illazioni fatte dai
benpensanti, e molti dei difensori del mondo informatico non hanno solo provato
che i giochi non sono dannosi, ma possono apportare dei benefici sia mentali che
fisici! Possibile? Beh, continuate a leggere, e scoprirete cose interessanti!
Epilessia fotosensibile: questa sconosciuta
Forse molti penseranno che l’epilessia sia l’unica patologia veritiera causata
dall’uso di videogames, visto che le stesse softco danno degli avvertimenti al
riguardo sulle istruzioni dei loro prodotti. Invece sembra che quest’ultimi non
abbiano nulla a che fare con gli attacchi epilettici! Ecco cosa dice la dott.ssa
Barbara Pinder di Epilepsy Action: “Il 5% degli individui soffrenti di crisi
epilettiche è affetta da epilessia fotosensibile. In pratica queste persone sono
vulnerabili alle luci tremolante dello schermo, ma anche altre fonti luminose,
sia naturali che artificiali, possono scatenare una crisi di questo genere.” Per
questo motivo l’associazione nega che una console possa causare epilessia, “a
meno che non si tratti della forma fotosensibile, altrimenti il rischio di una
crisi epilettica durante una partita è minimo o nullo.” Molte altre gruppi
medici hanno confermato l’esistenza della patologia, tra cui l’istituto di
Neurofisiologia del Cnr di Pisa. Insomma, la storia dell’epilessia è vera solo a
metà.
Aggressività o semplice eccitazione?
Il professor Talmage Wright ha condotto uno studio sull’aspetto sociale del
gioco online, specialmente su FPS come Counter Strike, e dalla sua ricerca sono
emersi fattori interessanti: “I giocatori fanno una netta distinzione tra realtà
e finzione. Ciò che viene chiamato aggressività è in realtà solo l’eccitazione
prodotta dal gioco stesso e dal fatto di cooperare in gruppo; un discorso
analogo può essere fatto ad una squadra di calcio.” Poi aggiunge: “Quando il
nostro corpo viene sottoposto ad alcuni sforzi, esso produce un ingente quantità
di adrenalina, in modo da aumentare l’energia. Così un comportamento agitato che
può essere giudicato come un istigazione alla violenza non è nient’altro che un
effetto naturale dell’adrenalina.”
Parlando nuovamente di esperimenti, ne è stato condotto uno in America che ha
dimostrato l’impossibilità da parte di un videogioco di influenzare un bambino.
Praticamente ad un gruppo di circa 30 bambini è stato fatto compilare un test
sulla aggressività, dopo di che ognuno di essi ha usato 2 giochi, uno violento
ed uno opposto, per poter poi verificare le reazioni alle situazioni odierne. Da
tale studio è emerso che il comportamento di un bimbo non è subordinato all’
ipotetica influenza di un videogame.
Violenza reale e virtuale: una differenza percettibile?
Secondo il prof. Antinucci, direttore della sezione Processi Cognitivi e Nuove
Tecnologie dell’Istituto di Psicologia del Consiglio Nazionale delle Ricerche,
un programma televisivo estremamente crudo non può influire sulla mente dei
minori: “Quando la violenza è esagerata e relegata in un contesto irreale, non
può assolutamente condizionare la mentalità dei giovanissimi, poiché i contenuti
estremi la rendono non credibile. Il bambino non è un pazzo, ma è già in grado
di distinguere realtà e fantasia sin dalla età di 10 mesi.” In parole povere
quindi, secondo il professore sarebbero più pericolosi i telegiornali, i quali
mostrano scene reali, a volte terrificanti. E non è vero per caso che agli
studenti delle elementari viene consigliato di guardare i tg per apprendere le
notizie d’attualità?
Una nuova forma di aerobica
Poco tempo fa è approdato sul mercato europeo Dancing Stage Euromix (Dance Dance
Revolution in USA), prodotto da Konami. Ne l titolo in questione il concetto è
premere una serie di pulsanti in sincronia con una colonna sonora. A prima vista
potrebbe sembrare una proposta troppo semplice e superata, ma il dettaglio che
rende il prodotto particolare è che non si usano le mani, bensì i piedi! Questo
tipo di interfaccia non solo rende Dancing Stage esilarante ai massimi livelli,
ma apporta anche benefici a livello fisico. Al titolo è stato dedicato
addirittura un sito internet, www.DDRFreak.com, che include manuali e guide sul
gioco, ma esamina la cosa anche dal punto di vista fisico. Cynan de Leon, uno
dei fondatori del sito, afferma: “Dancing Stage attrae un numero sempre maggiore
di persone, specialemente di sesso femminile, visto che può essere utilizzato
insieme al proprio partner. Ho notato comunque che molti giocatori ritengono
Dancing Stage una forma di esercizio fisico: infatti essi faticano fino a
sudare, specialmente in quelle sessioni dove il pezzo musicale è molto veloce.
Molti utenti poi hanno dichiarato che da quando stanno utilizzando il prodotto,
hanno registrato una perdita di peso e un miglioramento dell’attività
cardio-vascolare.”
Una casa americana ha seguito l’esempio della Konami: la Cicle FX ha lanciato
sul mercato una periferica chiamata Gamesrider, simile nell’aspetto ad una
cyclette e compatibili con Psone e PS2. In pratica più si pedala con la
cyclette, più veloce sarà l’azione del gioco. I titoli compatibili sono
potenzialmente tutti, ma naturalmente quelli più indicati appartengono al genere
delle corse. Bisogna poi constatare come un sistema simile venga adottato da
sempre più palestre: ad esempio molti centri sportivi hanno acquistato delle
cyclette collegate ad uno schermo dove viene visualizzato Space Invaders, e
maggiore è l’intensità con cui si pedala, maggiori saranno i colpi sparati dalla
navicella. Un idea geniale, che permette alle persone di fare ginnastica
divertendosi.
Un passatempo utile
Uno dei tanti motivi per cui i genitori non approvano che i propri figli usino i
videogiochi è che quest’ultimi, a parer loro, non hanno una funzione utile. A
quanto pare questo pensiero è stato già smentito da tempo, poiché sempre più
scuole stanno utilizzando i videogames nelle loro lezioni. Una società
americana, che si occupa di controllare la qualità del software, ha dichiarato
che titoli come Simcity e Championiship Manager possano tornare utili per
sviluppare le capacità degli studenti: secondo lo studio condotto, elementi come
la pianificazione, il pensiero strategico, la lettura e l’ortografia possono
essere potenziati con l’uso dei prodotti sopraccitati. E’ risaputo poi che Sim
City è adoperato nelle lezioni di educazioni civica in USA, e che Flight
Simulator sia utilizzato come training per i piloti.
Più amicizie con il multiplayer?
Abbiamo notato come secondo molti la dipendenza dai games posso rendere le
persone asociali. Il Prof. Wright invece non la pensa così: “Ho studiato la
pratica del multiplayer in un campus, ed ho notato che i giocatori hanno formato
delle reti sociali piuttosto solide, stringendo nuove amicizie, anche
importanti.” Continua: “I giocatori trovano quasi sempre un equilibrio tra il
tempo da dedicare al gioco e quello da indirizzare verso altri attività sociali,
e non è dimostrato che la loro vita sia influenzata negativamente dalle comunità
virtuali. Forse ciò è più facile che accada con gli utenti giovani, che hanno
maggior tempo libero a disposizione, ma gli adulti badano con attenzione alle
loro responsabilità, sapendo conciliare doveri con piaceri.” Inoltre Wright
afferma che spesso il gioco costituisce una distrazione ai ritmi stressanti
della vita quotidiana, e l’uso di tale strumento può essere molto utile al fine
di non far prevalere le pressioni del mondo reale: “Quando si gioca, alcune
parti del cervello si chiudono e se ne attivano altre.”
Conclusioni
Bene, abbiamo constatato per bene le ricerche, gli studi e le opinioni dei vari
esperti, illustrando così la situazione attuale del mondo videoludico. A questo
punto la domanda viene spontanea: ma allora, i videogiochi fanno veramente male
o no? In realtà, una risposta precisa a tale questione non c’è ancora: molti
medici, infatti, sono riusciti a far emergere alla luce del sole i lati positivi
dei videogiochi, ma bisogna ammettere nello stesso tempo che un abuso di questi
prodotti può portare a spiacevoli conseguenze. Insomma, a mio parere la verità
sta nel mezzo, e penso che nell’utilizzare la tecnologia bisogna usare un certo
criterio (come in tutte le cose d’altronde), e se noi appassionati lo facciamo,
non credo che essa ci possa danneggiare in qualche maniera. In ogni caso, è
palese ormai che cercare nei videogiochi un capro espiatorio per i mali della
società sia un grossolano errore.