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Bimbi disabili frutto del peccato?

Polemica tra Opus Dei e genitori

di Gerardo Marrone (fonte: Giornale di Sicilia)

Catania. Il vescovo Javier Echevarria: in 90 casi su 100, gli handicap sono causati da chi non ha mantenuto la purezza del corpo prima del matrimonio. Le associazioni che tutelano i "down": non c'è fondamento scientifico, questo è terrorismo religioso

CATANIA.  «ll novanta per cento degli handicappati sono figli di genitori che non hanno mantenuto la purezza del proprio corpo prima del matrimonio» dice Javier Echevarria, il vescovo responsabile dell'Opus Dei, durante un dibattito. E a Catania esplode la protesta delle associazioni dei genitori di bambini disabili: «Non si possono usare gli handicappati per fare terrorismo religioso».

Echevarria, a Catania per un incontro con mille e 500 laici e sacerdoti dell'organizzazione ecclesiastica; s'è scagliato contro gli  abusi sessuali invitando alla «santa purezza» e affermando: «Un sondaggio indica che il no- vanta per cento degli handicappati sono figli di genitori che non hanno mantenuto la purezza del proprio corpo prima del matrimonio». L' Aias, l' Associazione Italiana Assistenza Spastici, affida al segretario nazionale Francesco Lo Trovato la sua replica: «Si tratta di un'affermazione gratuita, del tutto priva di alcun fondamento scientifico. Trovo, inoltre, la frase offensiva per tutti i disabili e le loro famiglie, in particolare per quei tantissimi genitori di fede cristiana che alla morale cattolica si attengono scrupolosamente». 

Ieri, dalla sede romana dell'Opus, il portavoce Giuseppe Corigliano precisa: "Innanzitutto, le cose dette dal Prelato non hanno un valore testuale, perchè pronunciate in un contesto di conversazione libera, in un clima di famiglia, sia pur numerosa come quella dei simpatizzanti dell'Opera. In secondo luogo, il riferimento a un dato scientifico può essere ritrovato nella percentuale di neonati sieropositivi che nascono da madri sieropositive. Il termine handicappato è del tutto generico e, quindi, è completamente fuori luogo ogni riferimento a malattie di natura genetica».

Ma, sempre da Roma, l'Associazione Italiana Persone Down non ci sta: «Non si possono usare gli handicappati per fare terrorismo religioso» , E in un comunicato spiega: «Crediamo che non ci resti che esprimere orrore e disagio per una tale affermazione, non solo priva di ogni validità scientifica (e ci piacerebbe che il capo dell'Opus Dei citasse altrimenti le sue fonti), ma anche priva di ogni forma di sensibilità e di rispetto umano. "Sappiamo", continua l'Associazione Persone Down, "quanto spesso i genitori degli handicappati vivono con colpa la condizione dei loro figli, anche quando non esiste nessuna forma di responsabilità proprio per l'ignoranza che affermazioni come quella indicata alimentano e come tali sentimenti possano essere di pregiudizio a uno sviluppo e a un inserimento sociale di queste persone. Il fatto che tale mancanza di attenzione e sensibilità venga da un autorevole membro della Chiesa ci fa vivere con maggior dolore tale evento. Ci auguriamo, quindi, che monsignor Echevarria provveda quanto prima a correggere quanto affermato e a chiedere scusa agli handicappati e alle loro famiglie».

Handicap, scuse dell'Opus Dei

ma lo scandalo non si ferma

CATANIA. "Confesso che sono addolorato dall'interpretazione che s'è voluta dare alle mie parole. A Catania, nel corso di un incontro informale, ho voluto ricordare alcune considerazioni morali sulla virtù della castità, Ho fatto presente il rischio delle possibili e dolorose conseguenze della promiscuità sessuale" Javier Echevarria, il vescovo spagnolo a capo dell'Opus Dei dal '94, ha dato ieri la sua "interpretazione autentica" alla frase pronunciata a Catania, durante una riunione con mille e 500 sacerdoti e laici dell'organizzazione cattolica che presiede: "Stando, a un sondaggio il 90 % degli handicappati sono figli di genitori che non hanno mantenuto la purezza del proprio corpo", Echevarria, ieri, ha precisato: "Non ho fatto altro, ritengo, che ribadire la dottrina cattolica in materia" , Ma in polemica con Echevarria un altro esponente della Chiesa, monsignor Vinicio Albanesi, presidente del Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza, ha chiesto ieri alla Congregazione vaticana per la Dottrina della Fede "l'apertura di un'inchiesta per analizzare correnti anticonciliari e anticristiane che negano l'umanità di Cristo e la sua morte redentrice" , Albanesi accusa: "La gaffe di Echevarria non è estemporanea, fa parte di una concezione della spiritualità che rende disumano ogni rapporto con la virtù. Il portavoce dell'Opus Dei, Giuseppe Corigliano, aveva specificato "che il riferimento del Prelato era per i figli sieropositivi di madri sieropositive" . Monsignor Echevarria, ha rettificato le sue affermazioni facendo, però, cenno ai soli bambini Down: "Mi spiace sinceramente che le mie parole siano state fraintese. A tutti coloro che sono stati colpiti dalla sindrome di Down e alle loro famiglie desidero confermare la mia preghiera e tutto il rispetto, la solidarietà e I'affetto di cui sono capace".

Le salesiane del convitto Smaldone per audiolesi, da Roma, hanno e detto: "Dichiarazioni simili sono troppo forti, non abbiamo mai sentito tesi del genere,fanno ridere". La madre superiora della Casa romana di Santa Maria Bambina: "I fattori che determinano queste nascite sono molteplici ma escluderei l'impurità dei genitori". Il consigliere comunale palermitano della Rete, Ninni Terminelli: "È scandaloso. A chi vive la difficile condizione di genitore di portatori di handicap non può essere rivolta una simile accusa". Edoardo Cernuschi, presidente della 'Ledha', Lega di associazioni per la difesa dei diritti degli handicappati, dice: «Ritenevamo che certi pregiudizi frutti di un retaggio popolare... non avessero più diritto di cittadinanza nella società civile. Invece periodicamente e un lapsus verbale o una frase ambigua ci avvertono che tanti stereotipi sull'handicap sopravvivono».

 

 

Più padri, meno padrini

Gradirei conoscere se un ateo convinto e dichiarato possa far da padrino a un battezzando. In caso negativo quale canone lo vieta? E se può farlo, come si concilia lo stato di ateo con gli impegni che il padrino deve necessariamente assumere per aiutare un futuro cristiano? (Domenico Lo Cascio - Bagnara)

di Rinaldo Falsini (fonte: Famiglia Cristiana)

Nella formulazione della domanda il lettore ha già incluso la risposta che è senz'altro negativa: un ateo non può essere il padrino di un battezzando. La questione però non si chiude con un divieto o una concessione. Interessa sape- re cosa significa far da padrino ad un battezzando, qual è il suo compito. Se equivale ad un atto di semplice presenza, o anche di testimonianza come nel caso del matrimonio, non esistono obiezioni insuperabili. Se invece il padrino è chiamato a svolgere una precisa funzione entro un contesto di fede, allora la sua presenza è un non senso, per non dire di peggio. Il Codice di diritto canonico si limita a determinare le condizioni per l'incarico di padrino (canone 874): tra queste l'esigenza che sia «cattolico e che conduca una vita conforme alla fede e all'incarico che assume». Non ne spiega i motivi, ne precisa la funzione da svolgere. Il Codice, cioè, non è l'ultima istanza soprattutto in questo settore: esso rimanda ai valori e alle motivazioni che hanno suggerito la norma e che sono descritte nei libri liturgici.

Anzitutto conviene sdrammatizzare. La presenza del padrino è senza dubbio utile e significativa, quindi caldamente raccomandata, ma non indispensabile. D'altra parte si tratta di una figura entrata piuttosto tardi nella prassi liturgica con compiti alterni e non sempre corretti. Fino a tutto il secolo VI si parla soltanto di genitori che portano i propri figli al battesimo (il battesimo degli adulti prevedeva un "garante" con compito ben dIverso) e li accolgono poi rigenerati in Cristo, impegnandosi all'educazione nella fede. Con il secolo VII compaiono accanto ai genitori i padrini (patrui, in seguito padrini) che nello spazio di tre secoli arrivano a sostituire di diritto e di fatto i genitori del bambino. Un fenomeno strano ed oscuro, dovuto probabilmente all'intento di sottolineare il carattere ecclesiale del battesimo e che rifletteva tuttavia una teologia negativa del matrimonio: i bambini nati nella carne dai genitori devono essere rigenerati nelle volontà di altri genitori. Così dal Mille sino al Concilio Vaticano II nella liturgia battesimale non vi era spazio per i genitori, non se ne prevedeva nemmeno la presenza.

La riforma liturgica, in conformità alle disposizioni del Concilio. ha reso giustizia ai genitori. Ha ridonato loro priorità assoluta e responsabilità piena per la domanda del battesimo, per la partecipazione rituale e per la formazione alla fede e vita cristiana dei propri figli.                  Al riconoscimento del loro inalienabile diritto naturale si è aggiunta la valorizzazione dello stato matrimoniale.

Non per questo è stata soppressa la figura del padrino, anzi, gli è stato attribuito un compito tutt' altro che folcloristico. "Egli" , si legge nelle premesse del Rito del battesimo dei bambini, n. 8, "amplia in senso spirituale la famiglia del battezzando e rappresenta la Chiesa nel suo compito di madre. Se è necessario, collaborerà con i genitori perché il bambino giunga alla professione personale della fede e la esprima nella realtà della vita".

Chiaro ed impegnativo è dunque il ruolo del padrino: quello di allargare in senso spirituale la famiglia del battezzando e di rappresentare la comunità cristiana nel suo compito materno. Egli non svolge un ruolo a titolo personale o di amicizia dei familiari ma a nome della comunità cristiana. Anche i genitori sono membri della Chiesa, ma primariamente rappresentano la famiglia naturale; lo stesso ministro è rappresentante della Chiesa ma nella funzione di capo; il padrino invece la rappresenta come segno, testimone designato dagli altri fratelli nella fede che accolgono il nuovo fratello e si curano della sua crescita nella fede. È un ulteriore segno della ecclesialità del battesimo e della maternità della chiesa.

In senso subordinato egli potrà collaborare con i genitori per la formazione cristiana del bambino che resta sotto la diretta tutela dei genitori. Proprio in qualità di membro e di segno rappresentativo della Chiesa, è chiamato ad esercitare un compito liturgico nella celebrazione del battesimo, soprattutto con la rinuncia a Satana e la professione di fede assieme ai genitori.

Come sia possibile ammettere un ateo all'incarico di padrino è incomprensibile: o si fa violenza all'ateo obbligandolo alla professione di fede o si reca offesa alla verità del battesimo. Se non si ha il coraggio di impedire simili aberrazioni, provvedendo a riesaminare i criteri di designazione dei singoli padrini (da scegliere preferibilmente fra i catechisti, sempre previa intesa col parroco), tanto vale farne a meno.

La tosa più importante non è la ricerca dei padrini, basata troppo spesso su considerazioni opportunistiche, ma di veri padri, cioè autentici educatori alla fede.

 

 

La Bibbia, che gran libro per la scuola

I laici hanno finalmente trovato il coraggio di uscire allo scoperto: Dio è un tema troppo serio perché se ne occupino solo i religiosi.

di SILVIA GIACOMONI

 

Dopo l’editoriale di Eugenio scalari sul “Padre nostro”, tutta la stampa a seguitato a trattare il tema con quotidiani contribuiti di eminenti scrittori, editorialisti e critici che mai avevano lasciato trasparire di nutrire per il trascendente e per la Bibbia. Ciascuno dice la sua con il linguaggio che gli è abituale, disinvolto e paludato, colto o colloquiale. Possiamo dunque affermare che la secolarizzazione ha partorito un risultato davvero importante. Finalmente, nel nostro cattolicissimo paese, si parla e scrive sul significato della preghiera insegnata da Gesù ai discepoli - si parla e si scrive di Dio - in linguaggio non religioso, proprio come auspicava Dietrich Bonhoeffer, il rivoluzionario teologo luterano fatto impiccare da Hitler nell’aprile del 1945.

Bisognava che, insieme col muro di Berlino, crollassero le ideologie e si squagliasse la Dc, perché la nostra cultura laica trovasse il coraggio di uscire allo scoperto, rivendicando che Dio costituisce un tema troppo serio perché se ne occupino soltanto i preti.  Come tutti i fatti positivi messi in luce dalla stampa, anche questo comporta un rischio: che la strada aperta da Scalari si trasformi in una via alla moda, in una via Montenapoleone attraente per chi vuole esibire qualche lettura desueta, di padri della chiesa o di rabbini. Sarebbe davvero un peccato.

La scoperta che tanti laicissimi studiosi dedicano intelligenza e tempo al problema di Dio nella tradizione giudaico-cristiana deve poter costituire il punto di partenza per una seria autocritica, e una revisione, del modo in cui la cosa viene trattata – o meglio, viene rimossa – nella nostra scuola. Non ci interessa l’ora di religione, che in fondo rappresenta solo una delle tante questioni di potere nella dialettica tra lo stato e la chiesa. Piuttosto pensiamo ai programmi delle scuole di ogni ordine e grado, che in comune hanno un tratto: l’assenza di ogni menzione della Bibbia. Scalari e gli altri laici che nelle settimane scorse hanno scritto del Padre nostro lo hanno potuto fare in base all’educazione cattolica ricevuta da bambini, quindi allo studio personale. Ma tutti rischiano di non essere compresi dai loro stessi figli, se li hanno educati laidamente.

 

Per generazioni, lo strapotere della chiesa e poi della Dc hanno indotto i laici a negare validità culturale ai fatti religiosi. Questa scelta ha avuto esiti disastrosi in tutto il corpo della nostra cultura. Ha separato credenti da non credenti, ma soprattutto ha creato una cesura tra il presente e il passato. Interi campi di studio, altrove fiorentissimi, da noi vengono ignorati. Non abbiamo avuto un Propp per studiare la struttura delle leggende dei santi, né un Ginzberg per rivelarne le parentele con i miti pagani e la tradizione giudaica. Anche volando un po’ meno alto: chi non conosce la Bibbia non solo ignora un tesoro di avventure e di saggezza, ma non può capire appieno, quindi non può godere pienamente, né Dante, né Michelangelo, né Bach.

Un’ultima cosa vogliamo dire a favore della Bibbia: chi non la conosce ignora la sola tradizione che abbiam0o in comunione con gli ebrei e con i musulmani. L’introduzione della Bibbia nei programmi scolastici potrebbe rappresentare oggi un segnale forte e positivo a favore dell’integrazione di credenti e non credenti, dei battezzati, dei circoncisi e dei seguaci di Maometto sempre più numerosi nelle nostre città.

 

LA POLEMICA

L’ora di religione non vale nulla. Perché in quell’ora non c’è religione.

di Umberto Galimberti

 

Riferisce il Corriere della sera, che il ministro della Pubblica Istruzione, onorevole Galloni, ha definito “ora del nulla” l’ora alternativa di religione. “Prima i laici”, riferisce Galloni, “si sono battuti per l’ora alternativa, poi hanno voluto la non obbligatorietà, cioè in sostanza l’ora del nulla”.

In realtà l’ora del nulla, da almeno 50 anni, e limito la constatazione all’arco della mia vita, è proprio l’ora di religione, non perché i laici l’hanno boicottata, ma perché i valori che si respirano nella nostra epoca mal si accordano con quelli religiosi, ma perché i preti, e poi i laici incaricati dell’insegnamento di religione, hanno smesso da tempo di insegnare religione, per dedicarsi a lezioni di varia umanità che vanno dai problemi sociali a quelli sessuali, dai problemi di attualità (aids, aborto, droga, eutanasia, disarmo) ai consigli di buona condotta.

Perché gli insegnanti di religione hanno rinunciato all’insegnamento della religione per seguire i problemi del mondo che ognuno può apprendere da tutti i giornali e da tutte le emittenti televisive? Non credono più in Dio? Non amano più i testi sacri? Li ritengono inattuali? In questo loro abdicare è l’implosione dell’ora di religione, non della guerra sferrata dai laici i quali, penso, sarebbe ben lieti di sapere che i loro figli a scuola possano venire a contatto con una rigorosa esegesi biblica così come vengono a contatto con i testi di Omero, Pindaro, Platone e Aristotele. Ci sono nei testi del Vecchio e del Nuovo Testamento immagini così potenti e metafore di base dell’umano da fare impallidire quelle che le scienze sociali psicologiche offrono con la loro prudenza e povertà linguistica. Ci sono offerte di linguaggio simbolico, narrazioni che proiettato l’umano su scenari cosmici dove il destino e la storia intrecciano il loro dialogo su quello sfondo metaforico dove il dolore, la salvezza, la redenzione, la gioia, questi grandi temi dell’uomo sono affidati a parole potenti che vanno lasciate nell’orizzonte del loro mistero e non fatte cadere al livello di quelle miserevoli risposte dove si leggono le piccole regole per il buon vivere.

A questo sfondo, a queste immagini potenti contenute nei testi “sacri” gli insegnanti di religione hanno in gran parte e da tempo rinunciato per essere “moderni” e “attuali” in un tempo in cui la modernità e l’attualità non hanno non hanno certo bisogno dell’ora di religione per annunciarsi. Per questo l’ora di religione è diventata l’ora del nulla. Pensate che cosa diverrebbe la filosofia se per insegnare l’attualità rinunciasse a Platone o ad Aristotele.

La riflessione religiosa va estinguendosi per questa rinuncia ad abitare il mistero, la metafora, la parabola, il simbolo. L’ansia di risposte pratiche ha estinto la domanda di fondo. Ma se non si riesce più a porre la domanda, perché si è abolito lo scenario dell’interrogazione, a cosa servono le risposte? L’ora di religione è diventata l’ora del nulla non per le lotte laiche, ma perché gli uomini di religione hanno riuscito a sondare il loro patrimonio storico per gareggiare con i laici sui sentieri senza lungo respiro dell’attualità.

La religione s’è tolta di mezzo da sé, perché non ha avuto il coraggi o la “fede” nella sua “inattualità” che nessun tempo corrode, perché le domande degli uomini, quelle di fondo, non nascono al mattino con i quotidiani, ma in quel lontano mattino in cui l’uomo, aprendo i suoi occhi sul mondo, incominciò a chiedersi il senso del suo esistere. Questa domanda non si è estinta, ma le religioni, declinandosi in un prontuario di risposte, hanno tolto gli scenari dove questa domanda poteva essere posta con senso.   

 

Ora vogliono santo l’eretico” Savonarola.

Sarà probabilmente canonizzato il frate domenicano bruciato sul rogo.

      di Vincenzo Noto

 

Girolamo Savonarola, il frate domenicano scomunicato da Papa Alessandro Borgia e bruciato sul rogo in Piazza della Signoria a Firenze, ne11498, probabilmente sarà canonizzato. Non subito, ma c'è già chi si muove in questa direzione. Se ne occupa l’ultimo numero della rivista “Prospettive nel mondo” che pubblica un'inchiesta alla quale hanno partecipato numerosi esponenti della cultura cattolica, fra i quali il postulatore generale delle cause di canonizzazione dell' ordine domenicano, padre Innocenzo Venchi.

“Frà Girolamo ha compiuto miracoli e prodigi”, afferma padre Venchi. “Dopo la morte, in un codice dell'archivio generalizio vengono segnalati 34 miracoli del Savonarola, che viene definito martire e profeta del nostro Signore Dio. Una plurimiracolata da frate Girolamo è la santa fiorentina Caterina de' Ricci, vissuta nel '500. Ai nostri tempi il Savonarola ha elargito favori di ordine morale e conosco due persone convertite da frate Girolamo e ancora viventi”.

La notizia che la Chiesa possa iniziare un regolare processo per portare agli onori degli altari un domenicano bruciato al rogo, è stata accolta con molto favore dai domenicani di Palermo che vedono in questa possibilità un segno di giustizia e di rinnovamento della Chiesa cattolica.

Per padre Antonio Barilaro, docente di teologia e di filosofia in istituti ecclesiastici, laureatosi nel 1944 con una tesi su “Savonarola scrittore”, anche “gli autori più contrari non hanno trovato niente negli scritti e nella vita del frate domenicano che fosse contrario alla dottrina della Chiesa cattolica. Le stesse congregazioni vaticane che hanno esaminato gli scritti non hanno trovato nulla da ridire, procurando una grande gioia a San Filippo Neri che, dalla Vallicella dove abitava se ne andò di corsa alla chiesa della Minerva gridando: vittoria! vittoria!".

Che cosa rappresenterebbe la canonizzazione di Savonarola per il mondo moderno?

“Questa canonizzazione”, dice ancora padre Barilaro, “farebbe giustizia all'interno della Chiesa perchè Savonarola è stato condannato per motivi radicati nelle passioni umane e non su fatti o idee contrarie alla Chiesa. Oggi che si parla tanto del carisma della profezia, Savonarola rappresenterebbe, senza dubbio, uno a cui Dio il dono della profezia lo ha dato realmente. Ha predicato la riforma della Chiesa ma senza ribellione verso le istituzioni come ha fatto Lutero successivamente. Alcune sue lettere hanno avuto anche notevole efficacia su Alessandro Sesto quando frate Girolamo gli mandò le condoglianze per la morte del figlio, il duca di Candia”.

«La canonizzazione del frate considerato ribelle -aggiunge padre Barilaro -darebbe anche la misura della equanimità della Chiesa che non teme di riconoscere i suoi errori, come è stato per Giovanna d' Arco e per Galilei»-

Padre Stagnitta, fra Girolamo santo?

“Perche no”, afferma l'assistente dei laureati cattolici. Se veramente Savonarola ha manifestato una tale forza di spirito per  l’annuncio del Vangelo e per la riforma della Chiesa, da sopportare tutte le persecuzioni da qualsiasi parte venissero, compreso il martirio accettato con grande forza d'animo, ciò manifesta una sua interiore ricchez-za spirituale non solo non comune, ma addirittura straordinaria ed eroica, i veri segni della santità evangelica”.

Ma era almeno un buon domenicano? .Certo che lo era. Savonarola ha vissuto la vita religiosa domenicana con una forza di adesione allo spirito e alla lettera della Regola da garantire in modo molto forte quella che è la finalità dell'Ordine".

Proclamare santo un frate tutto sommato contestatore che cosa rappresenterebbe per la Chiesa ?

“Io vedrei la canonizzazione di Savonarola con molto interesse perchè non è detto che la Chiesa non abbia anche oggi bisogno di profondi riformatori. Potrebbe essere il segno di un intervento di Dio che chiama anche altri nel nostro tempo, allo spirito profetico del quale è stato dotato frà Girolamo".

Intanto nella biblioteca dei padri domenicani si conservano con molto rispetto tutti gli scritti del Savonarola editi da Belardetti. “Chiunque li ha letti -sostengono Stagnitta e Barilaro -ne ha tratto giovamento”.

CHI E’ SAVONAROLA.(Predicò contro la Chiesa corrotta)

Girolamo Savonarola è nato a Ferrara il 21 Settembre del 1452, è morto a Firenze bruciato vivo il 23 Maggio del 1498. A vent’anni era già un fustigatore dei costumi del tempo, come rivelano le due prime opere:” De ruina mundi” e “De ruina Ecclesiae”. Il 24 aprile del 1475 lasciò in gran segreto la casa paterna e si recò a Bologna, dove chiese di essere ricevuto nel convento di San Domenico. Ebbe l’incarico di lettore nella chiesa fiorentina e si dedicò con passione all’annuncio delle Scritture Sacre. Le idee di fondo del Savonarola erano che la Chiesa doveva essere punita per la corruzione che esisteva al suo interno, però poi si sarebbe rinnovata. E tutto questo era imminente.

La schiera dei suoi amici seguaci si andava facendo sempre più folta con grande preoccupazione delle autorità politiche ed ecclesiastiche. Firenze per un certo periodo parve un immenso monastero. Schiere di giovani denunciavano i bestemmiatori, entravano nelle case e bruciavano tutti gli oggetti ritenuti immorali. Savonarola si applicò con ogni energia a mantenere Firenze alleata dei francesi e questo provocò le reazioni di Papa Alessandro Sesto. Gli venne interdetta la predicazione. Quando gli venne tolto il divieto di predicare si scagliò con tutta la sua forza contro il Papa e venne aperto un processo penale contro di lui che, con alterne vicende strettamente legate alla situazione politica di Firenze, lo portò al rogo.